domenica 31 ottobre 2010

BUCCILLI, CAPURRO & c............come violare le leggi e danneggiare i cittadini !

                                                                    ESPOSTO



Il presente esposto, viene presentato alla Procura Regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria nei confronti dei sigg:

-BUCCILLI Gian Luca Sindaco

-CAPURRO Dario Sindaco

-BERSANETTI Stefano Assessore

-SENAREGA Franco Assessore

-FONTANELLA Paola Dirigente ambito di controllo Provincia di Genova

-GIAMPAOLO Paolo Referente Provincia di Genova, Ufficio Segreteria Tecnica ATO

-BENEDETTI Roberto Presidente ed Amministratore unico MUVITA

-CORRADI Alberto Pres. della Commissione Speciale Rifiuti della Provincia di Genova.

i primi quattro in qualità di sindaci e assessori del Comune di Recco, gli altri appartenenti ad organismi di verifica e controllo sovraordinati, tutti competenti per materia, ritenuti responsabili del danno erariale cagionato al comune medesimo e ad altri enti sovraordinati, per il mancato raggiungimento, in relazione agli anni 2003-2010, delle percentuali di raccolta differenziata fissate dalla legislazione applicabile ratione temporis; ritenuti altresì responsabili per il danno alla reputazione del comune per il ripristino dell’immagine turistica, commerciale, ambientale e sociale della comunità, lesa a livello locale e con risonanza oltrecomunale rilevabile dalla comparsa di elementi di indicazione valutativa/tabellare/comparativa riportati da diversi organi di stampa, oltre che da tutti i siti istituzionali di libero accesso.

Nello specifico emergono:

-”una percentuale di raccolta differenziata estremamente bassa per le specificità territoriali che presentano una “IMPRONTA ECOLOGICA” (vedi al paragrafo successivo) particolarmente dannosa per il sistema ambientale”

-”il danno differenziale conseguente al mancato raggiungimento delle percentuali di legge”

-”l'inesistenza di un qualsivoglia progetto di avvicinamento ai valori stabiliti dalle norme, dimostrato dall'inefficienza del meccanismo di raccolta differenziata che dipenderebbe dalle carenze strategiche, pianificatorie, programmatiche e progettuali emergenti dal modello di raccolta e riciclo dei rifiuti implementato dal Comune di Recco in persona dei vertici politico-amministrativi.”

-“i mancati introiti a titolo di corrispettivo per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata (lucro cessante), comparando il reddito minimo potenzialmente realizzabile in base alla legge, con gli introiti effettivamente incamerati per il conferimento presso i consorzi di filiera (per tramite del consorzio di bacino) del materiale raccolto in maniera differenziata, rispetto frazioni merceologiche da raccogliere”

-“la maggiore spesa per conferimento agli impianti di raccolta definitiva del materiale non differenziato”

-“il maggior onere per abitante conseguente alla azione oggetto del presente esposto”

-”la distruzione del sistema messo in atto da precedente amministrazione (sindaco Diena) che aveva raggiunto percentuali assai elevate di differenziazione e riciclo”

-”la deturpazione del paesaggio derivata da discariche abusive con dispersione in aree boscate e prive di controllo”

-”la deturpazione del paesaggio urbano derivato dalla dispersione diffusa in prossimità di aree destinate alla raccolta del R.U. indifferenziato”

-”la evidente e rilevante presenza sul territorio comunale di esercizi produttori di elevatissima quantità di umido (ristoranti e simili) che grava per oltre il 38% sul dato complessivo comunale, mai indirizzati verso il compostaggio centralizzato”



                                                        L'impronta ecologica



Uno degli aspetti più preoccupanti del nostro modo di vita attuale è illustrato dal concetto di impronta ecologica, un indice espresso in ettari di territorio, elaborato da William Rees e Mathis Wackernagel, che cerca di quantificare l’impatto sulla biosfera di una comunità (città, nazione, fino all’intera umanità), espresso in termini di superficie pro capite di area biologicamente produttiva necessaria a fornire tutta l’energia, l’acqua e le materie prime consumate e per assorbire tutti gli scarti prodotti dalle attività umane, intesi sia come rifiuti, sia come anidride carbonica derivante dall’uso di combustibili fossili.

È un indice che si evolve nel tempo a seconda degli stili di consumo delle varie società e delle nazioni.

Gli ultimi dati disponibili sono quelli relativi all’anno 2003, pubblicati nel “Living Planet Report 2006” curato da WWF Internazionale, Istituto di Zoologia di Londra e Global Footprint Network.

L’Impronta Ecologica va confrontata con la Biocapacità Terrestre, misurata sempre in ettari, che indica la effettiva disponibilità di ecosistemi terrestri produttivi (terreni agricoli, pascoli, foreste, aree di pesca) occorrente a soddisfare le necessità umane.

Il consumo di acqua dolce non è incluso nel calcolo dell’Impronta Ecologica in quanto la richiesta e l’uso di questa risorsa non può essere espresso in termini di ettari globali di impatto.

In realtà è possibile associare agli oggetti anche altri contenuti di energia: quella che è stata utilizzata per l’estrazione delle materie prime, per il trasporto, la lavorazione, ecc.

Si tratta di una quantità di energia superiore al potere calorifico.

Dunque il concetto di uso razionale dell’energia può essere esteso anche al sistema di gestione dei rifiuti, valutando il risparmio energetico conseguente al modello di gestione dei rifiuti scelto.

Appare evidente l’ordine di grandezza del risparmio energetico associato alla non produzione di rifiuto (100%) e al riutilizzo (~85%), da cui sorge la naturale scelta che un'amministrazione deve imporsi ed imporre al fine di dedicare ampio spazio alla Prevenzione e Riduzione dei Rifiuti Urbani, secondo le linee guida indicate nel paragrafo successivo, in accordo con le indicazioni normative richiamate in seguito.



                                                      Le prescrizioni di ambito locale



Dal sito della provincia all'indirizzo:

http://www.provincia.genova.it/portal/template/viewTemplate?templateId=tixdmg8zr2_layout_14t3vw8ztc.psml  si ricava:

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Dal medesimo sito, alla pagina:

http://www.provincia.genova.it/portal/template/viewTemplate?templateId=uj4iyx9b41_layout_c5aok89b69.psml  si ricava:

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La Provincia partecipa nell'ambito delle procedure definite dalla D.G.R. n. 1487 del 7 dicembre 2007 al processo di raccolta ed accertamento dei risultati annuali di raccolta differenziata raggiunta nei Comuni della Provincia.

Infine, la Provincia di Genova ha istituito e gestisce, tramite la società controllata Muvita s.r.l., l’Osservatorio Provinciale dei Rifiuti.
Ancora dal medesimo sito, viene rilasciata la tabella che indica i dati riferibili ai fatti:

http://www.provincia.genova.it/portal/page/categoryItem?contentId=107215->fcoj3g9b56_content_muhp6d9b610

Per comodità di verifica viene qui sotto riportata integralmente l'elenco dei comuni che, alla data del 31-12-2007, avrebbero dovuto attestarsi al 40% di raccolta differenziata:....(omissis)...................
....Comune RECCO ab. 10300 t. x ab. 0,593 t.tot 5166,53 t. diff. 942,61 percentuale  15,43%

Per quanto attiene al succitato “Osservatorio Provinciale dei Rifiuti” e alla sua azione positiva sul sistema, questa organizzazione appare destinata a ben altre funzioni anche a ragione della sua trasformazione da s.r.l. in “fondazione”.

Infatti, dalla ricerca su Muvita s.r.l. indicata dal sito della Provincia di Genova, (la Provincia di Genova ha istituito e gestisce, tramite la società controllata Muvita s.r.l., l’Osservatorio Provinciale dei Rifiuti.) emergono dati significativi al seguente indirizzo:

http://www.provincia.genova.it/portal/template/viewTemplate?templateId=pwc4l3dsm7_layout_abfx30euy1.psml

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La fondazione opera nei settori "Education", realizzando iniziative di edutainment, formazione e divulgazione, tra cui la gestione del "Science Centre" di Arenzano e la promozione di azioni di educazione ambientale; "Business" attraverso attività specifiche verso il "target imprese", "Projects", mediante iniziative relative a singoli temi, tra cui ad esempio la gestione dello "Sportello Provinciale Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico" per conto della Provincia di Genova, "Service", svolgendo servizi di supporto all'attività di terzi. Muvita gestisce inoltre il "Museo della Lanterna di Genova" e l'"Auditorium Muvita"; di seguito i dati di riferimento:

Fondo di dotazione: €120.000 Quota Provincia: 100%

Presidente e Amminstratore Unico: Dott. Roberto Benedetti

Sede: Via Marconi, 165 - 16011 Arenzano tel. 010/910001 fax 010 9100119

e-mail segreteria@muvita.it sito: www.muvita.it



                                                        L'educazione preventiva

E' ancora la Provincia di Genova. Organo sovraordinato al Comune di Recco che fornisce indicazioni e percorsi all'indirizzo:

http://www.provincia.genova.it/servlets/resources?contentId=125624&resourceName=Allegato-pdf

Nell'indicato “PIANO PER LA PREVENZIONE E LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI SUL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI GENOVA” si legge infatti:

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La vera strategia preventiva consiste quindi nell’unificare questo percorso lineare in modo tale da limitare al massimo il ricorso al conferimento al circuito di raccolta dei RU e, di conseguenza, all’utilizzo di nuove risorse naturali per ottenere nuovi beni. Si tratta di un complemento essenziale alle strategie che cercano di sviluppare un circolo chiuso con la riutilizzazione dei rifiuti – o la loro trasformazione in materie prime seconde.

Il concetto di prevenzione può essere applicato sia unicamente allo stadio della produzione di rifiuti (prevenzione alla fonte), sia allo stadio finale dello smaltimento in discarica o per incenerimento (il termine minimizzazione viene allora utilizzato). Il settore della valorizzazione dei rifiuti tramite il loro riutilizzo come prodotto integro o come materia prima seconda è certo una soluzione migliore del semplice smaltimento, tuttavia bisogna sempre rammentare che “il migliore rifiuto è quello che non è stato prodotto”. La prevenzione alla fonte è un’operazione che giustifica un’attenzione specifica e prioritaria.

Sul concetto stesso di “prevenzione alla fonte” si possono operare alcune distinzioni per ordine di importanza: si può preferire una “non produzione” del rifiuto, oppure optare per la sua “diminuzione o riduzione parziale”. Pensiamo all’acquisto di frutta a peso rispetto a quella preconfezionata (seppure con imballaggio ecologico), agli orologi meccanici rispetto

a quelli con pile a bottoni; la prevenzione nei rifiuti urbani tende quindi ad avvicinarsi alla politica degli “eco prodotti” tenendo anche conto della crescita economica nei confronti del consumo di risorse naturale.

Possiamo evidenziare questi aspetti mettendo l’eco-consumo al centro delle priorità per sviluppare il consumo di servizi e di prodotti in grado di soddisfare i bisogni essenziali e di

migliorare la qualità della vita, mentre contemporaneamente limitiamo l’utilizzo di risorse naturali, di sostanze pericolose e prodotti inquinanti per non mettere in pericolo la soddisfazione dei bisogni anche delle generazione future.

La “dematerializazione“ o l’utilizzo di minori risorse, avendo comunque come obiettivo quello di arrivare allo stesso livello di benessere, si inserisce in questa logica di ecoconsumo.>>



                                           Il riferimento normativo generale



La Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 22-11-2008 ribadisce al suo art. 4 “La gerarchia dei rifiuti” e definisce che tale “gerarchia si applichi quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:

la Direttiva prevede che la commissione europea presenti al parlamento europeo delle relazioni corredate da misure a sostegno della prevenzione ed in particolare:

a) “entro la fine del 2011, una relazione intermedia sull’evoluzione della produzione rifiuti e l’ambito di applicazione della prevenzione dei rifiuti che comprenda la definizione di una politica per una progettazione ecologica dei prodotti che riduca al contempo la produzione di rifiuti e la presenza di sostanze nocive in essi (…).

b) entro la fine del 2011, la formulazione di un piano d’azione per ulteriori misure di sostegno a livello europeo volte in particolare, a modificare gli attuali modelli di consumo;

c) entro la fine del 2014 la definizione di obiettivi in materia di prevenzione dei rifiuti e di dissociazione per il 2020, basati sulle migliori prassi disponibili (…)”

L’articolo 29 ha per titolo “Programmi di prevenzione dei rifiuti” e prescrive che gli stati membri adottino dei programmi di prevenzione dei rifiuti entro il 12 dicembre 2013 e che tali piani identifichino chiaramente le misure di prevenzione dei rifiuti. Tali piani devono infatti fissare gli obiettivi e a tal fine la direttiva fornisce in allegato uno schema che possa essere di esempio. Nella direttiva viene chiarito che “Lo scopo di tali obiettivi e misure è di dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti.”

Nell’articolo 29 al comma 5 la Direttiva stabilisce che “La commissione crea un sistema per lo scambio di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti ed elabora orientamenti per assistere gli Stati membri nella preparazione dei programmi.”



                                                           Le precedenti direttive.

Nelle precedenti direttive gli orientamenti erano analoghi, però la definizione di “prevenzione” non era molto precisa, se non per quanto riguarda gli imballaggi (ai sensi della Direttiva europea 1994/62 recepita prima dal Dlgs 22/97 e poi dal Dlgs 152/061).

Nelle direttive precedenti venivano definite le priorità e gli obiettivi della politica ambientale europea fino al 2050 descrivendo in modo particolareggiato i provvedimenti da adottare per contribuire alla realizzazione della strategia europea in materia di sviluppo sostenibile.

Il ruolo della Unione Europea è quindi quello di contribuire alla prevenzione dei rifiuti e di promuovere il riciclaggio informando i consumatori, sostenendo la ricerca e lo sviluppo tecnologico di nuovi materiali a tutela dell'ambiente e di promuovere i mezzi per fornire prodotti usando meno risorse.>>



Rilevato quindi:

-che il diritto comunitario (a seguito del Trattato di Lisbona, diritto dell’Unione o europeo) impone agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie “per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente” e “per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti” (art. 4 della direttiva del Consiglio del 18 marzo 1991, n. 91/156/CEE);

-che il servizio di gestione dei rifiuti implica “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni” (art. 1 dir. 91/156/CEE, citata);

-che “gli Stati membri stabiliscono o designano l’autorità o le autorità competenti incaricate di porre in atto le disposizioni della presente direttiva” (art. 6 dir. 91/156/CEE, citata);

-che le “autorità competenti di cui all’art. 6 devono elaborare […] uno o più piani di gestione dei rifiuti, che contemplino […] tipo, quantità e origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire” (art. 7, dir. 91/156/CEE, citata);

-che l’allegato II della direttiva 91/156/CEE, citata, indica le operazioni di recupero che, conformemente all’art. 4, devono svolgersi “senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente”;

Inoltre:

-che il termine di recepimento della direttiva 91/156/CEE, citata, è scaduto il 10 aprile 1993 (art. 2, 91/156/CEE, citata);

-che nella gestione amministrativa in capo alla giunta Diena (precedentemente citata), dunque anteriore alle due aventi sindaco Buccilli ed alla attuale avente sindaco Capurro, il valore di differenziata raggiunto era estremamente alto e di molto superiore all'attuale;

-che l’art. 24 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. “decreto Ronchi”), ha imposto ai Comuni (enti titolari dei poteri in materia di raccolta differenziata ai sensi dei precedenti art. 21, comma 2, lett. c), e 23, comma 3, del predetto decreto) di conseguire percentuali minime di raccolta differenziata fissate in percentuali progressivamente crescenti fino a raggiungere quella del 35% a partire dal 2003 (il menzionato art. 24 statuisce che “In ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: 15% entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; 25% entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; 35% a partire dal sesto anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto”);

-che l’art. 205 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha determinato un incremento delle quote percentuali da realizzarsi negli anni successivi (il primo comma prevede che “In ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:

-almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;

-almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;

-almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012”), percentuali ulteriormente rivisitate dall’art. 1, comma 1108, della legge 27 dicembre 2009, n. 296 (“Al fine di realizzare rilevanti risparmi di spesa ed una più efficace utilizzazione delle risorse finanziarie destinate alla gestione dei rifiuti solidi urbani, la regione, previa diffida, può provvedere tramite un commissario ad acta a garantire il governo della gestione dei rifiuti a livello di ambito territoriale ottimale con riferimento a quegli ambiti territoriali ottimali all'interno dei quali non sia assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime:

-almeno il 40 per cento entro il 31 dicembre 2007;

-almeno il 50 per cento entro il 31 dicembre 2009;

-almeno il 60 per cento entro il 31 dicembre 2011”);

- che alle predette disposizioni va riconosciuta un’efficacia precettiva vincolante atteso che:

esse assicurano il principio di prevenzione, precauzione ed azione preventiva, ampiamente riconosciuto in materia ambientale dalla Corte di giustizia pronunciatasi sulla disciplina comunitaria dei rifiuti (inter plures C. giust., 11 novembre 2004, C-457/02, Niselli, secondo la quale “la finalità della direttiva 75/442 […] è la tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti” da attuarsi “anche alla luce dell’art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in particolare sui principi della precauzione e dell’azione preventiva (v., in particolare, sentenza 18 aprile 2002, causa C-9/00, Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, Racc. pag. I-3533; in prosieguo: la «sentenza Palin Granit», punti 22 e 23)”; sui principi di precauzione e prevenzione in materia ambientale, più di recente, C. giust., 9 marzo 2010, C-379/08 e 380/08, Raffinerie mediterranee); si attuano numerose direttive in materia di rifiuti che hanno imposto agli Stati membri di porre in essere tutte le misure idonee ad implementare un’efficace gestione dei rifiuti tesa essenzialmente alla protezione della salute umana e dell’ambiente, favorendo il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero come materie prime per preservare le risorse naturali nonché provvedendo in modo responsabile allo smaltimento ed al recupero dei rifiuti (dir. 75/442/CEE, come modificata ed integrata dalle dir. 91/156/CEE, dir. 91/692/CEE, dir. 96/350/CEE, poi consolidate nella direttiva 5 aprile 2006, n. 12/2006/CE, la quale ha ribadito nuovamente gli obblighi europei di procedere al “recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie” art. 3, par. 1, lett. b), nonché ad “assicurare che i rifiuti siano recuperati senza pericolo”, art. 4); la Corte di giustizia, pronunciandosi all’esito di una procedura di infrazione (C. giust., sent. 4 marzo 2010, C-297/08, Commissione c. Italia), ha già riconosciuto che l’Italia è venuta meno agli obblighi di diritto comunitario su di essa incombenti, nella parte in cui non ha adottato, “misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente” (così il dispositivo di condanna), inadempimento che è stato determinato anche dal basso livello di raccolta differenziata; come riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, compete allo Stato, anche all’indomani della riforma del Titolo V della Costituzione, fissare un livello di tutela ambientale uniforme a livello nazionale ed inderogabile da parte delle Autonomie (“La disciplina statale dei rifiuti, collocandosi nell’ambito della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” – di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. – costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino (sentenze n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007). Resta, peraltro, ferma la competenza delle Regioni per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali: infatti, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell’ambiente, vengono in rilievo altre materie, per cui la competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire, ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (da ultimo, sentenza n. 249 del 2009)”, C. cost., 4 dicembre 2009, n. 314, punto 2.2.); la normativa interna deve essere interpretata alla luce del diritto comunitario al fine di assicurare il c.d. “effetto utile” (C. giust., 5 febbraio 1963, C-26/62, Van Gend en Loos); in proposito non può omettersi di rilevare che il diritto dell’Unione derivato impone l’obbligo in capo agli Stati di implementare sistemi di raccolta con recupero di quelli riciclabili, senza contemplare né autorizzare sistemi, quale quello nazionale, fondati su quote progressive di avvicinamento alla piena misura dei rifiuti prodotti sul territorio, di tal che, non può non ritenersi che almeno le quote percentuali fissate dal legislatore nazionale abbiano un valore immediatamente precettivo, sia a tutela dell’ambiente e della salute pubblica (sulla strumentalità del sistema di raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti alla salvaguardia di tali interessi C. giust., sent. 4 marzo 2010, C-297/08, Commissione c. Italia), sia a tutela dei cittadini contribuenti (si consideri che il comma 3 dell’art. 205 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dopo aver fissato al comma 1 le quote percentuali di raccolta differenziata annuale, introduce un’addizionale a carico delle comunità locali comunali alle quali sia imputabile il discostamento: “Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'Autorità d'ambito, istituito dall'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni”); che i poteri di ordinanza del commissario straordinario (eventualmente incaricato) non possono determinare un livello di tutela dei predetti interessi inferiore rispetto alla normativa interna attuativa del diritto comunitario, legittimando livelli percentuali di raccolta differenziata più bassi di quelli sanciti dalla disciplina nazionale (tale interpretazione si profilerebbe in stridente contrasto con gli obiettivi e gli scopi che presiedono all’istituzione, all’esercizio dei poteri ed all’utilizzo delle risorse commissariali e, soprattutto, con il diritto comunitario, di tal che, ogni eventuale previsione che presentasse il descritto contenuto o producesse il richiamato effetto riduttivo dovrebbe essere disapplicata).



Conclusione dell'esposto



Per quanto alla narrazione che precede diviene necessario acquisire

- informazioni e dati ufficiali relative alla raccolta differenziata effettuata nel territorio del comune di Recco dal 1999 al 2009, informazioni che dovranno avere riguardo sia al dato globale della predetta raccolta, sia a quello specifico riferito al segmento della frazione umida rappresentante una quota dominante.


- informazioni e dati ufficiali in merito alla redditività della raccolta delle differenti frazioni, nonché una stima delle ragionevoli e probabili entrate derivanti dalla predetta raccolta utili al calcolo definitivo del danno.

- tutti gli atti istruttori, preliminari e deliberativi della giunta e del consiglio del Comune di Recco, tesi alla organizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti (con specifico riguardo a quella della frazione umida) intervenuto attraverso le diverse imprese delegate al servizio, con specifico riguardo a quelli contemplanti gli obblighi delle medesime di raggiungere le quote percentuali di raccolta differenziata previste dalla legge.

Considerando poi

- che, l’art. 206-bis, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, istituisce l’Osservatorio nazionale sui rifiuti presso il Ministero dell’ambiente e la tutela del territorio e del mare, munito di funzioni informative, di coordinamento e di vigilanza anche in materia di raccolta differenziate, riciclo e smaltimento dei rifiuti;

- che, essendo venuto meno il c.d. “potere sindacatorio”, spetta alla Procura valutare se estendere l’azione di danno erariale, esperita nei confronti degli organi titolari di competenze di iniziativa, impulso e proposta, anche al Consiglio comunale e quindi ai consiglieri tutti, in ragione dei poteri decisionali finali di quest’organo sull’organizzazione dei pubblici servizi locali ex art. 42 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (la materia era già stata disciplinata dall’art. 32, lett. a) ed f), legge 8 giugno 1990, n. 142, il quale, per quanto qui interessa, affidava al consiglio la competenza sulla costituzione delle aziende speciali ivi compresa quella di approvare i relativi statuti), ferma restando la libertà di giudizio definitivo della Corte adita sul significato da riconoscere all’attività commissiva o omissiva del Consiglio.

Visto ancora:

- l’art. 14 r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, in base al quale la Corte dei conti può richiedere all’amministrazione e ordinare alle parti di produrre gli atti e documenti che crede necessari per la decisione della controversia, fissando il termine entro il quale gli adempimenti istruttori devono essere espletati;

- l’art. 16, comma 3, d.l. 13 maggio 1991, n. 152 , conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203, a tenore del quale “La Corte dei Conti nell'esercizio delle sue attribuzioni può disporre, anche a mezzo della Guardia di Finanza, ispezioni ed accertamenti diretti presso le pubbliche amministrazioni ed i terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie a destinazione vincolata”;

- l’art. 2, comma 4, d.l. 15 novembre 1993, n. 453, conv. in legge 14 gennaio 1994, n. 19, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, secondo il quale “la Corte dei conti, per l'esercizio delle sue attribuzioni, può altresì delegare adempimenti istruttori a funzionari delle pubbliche amministrazioni e avvalersi di consulenti tecnici, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 73 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271”;



L'associazione esponente, richiede alla Procura destinataria del presente esposto l'avvio di una procedura atta a definire il danno erariale che si appalesa essere di consistente valore, (stante un elevatissimo differenziale) e con l'evidente prosecuzione di tale danno, negli anni a seguire, per la già citata mancanza di attività volta a implementare un’efficace gestione dei rifiuti tesa essenzialmente alla protezione della salute umana e dell’ambiente, favorendo il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero come materie prime per preservare le risorse naturali, come disposto dalle norme, accertando:

-se negli anni citati l'amministrazione comunale abbia imposto alle diverse società incaricate un obbligo chiaro, specifico e puntuale in ordine al raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata previste dalla legge;

-se alle medesime società sia stato indicato un particolare percorso attuativo specificatamente rivolto alla consistente frazione umida;

-se siano stati redatti i provvedimenti di organizzazione del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti (tra cui gli atti istruttori, preliminari e deliberativi di costituzione ed affidamento alle società incaricate, con specifico riguardo a quelli contemplanti le modalità tecnico-giuridiche (clausole del contratto di servizio, ordini amministrativi o di servizio, altri atti analoghi, etc.) con cui è stato imposto, alla struttura amministrativa comunale l’obbligo di raggiungere le quote percentuali di raccolta differenziata sancite dalla legge.



ORAS

f.to il coordinatore







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