giovedì 27 agosto 2009

Una delle più "grandi truffe" del sistema...l'ACQUA!!!!

Una delle regole fondamentali, che si debbono considerare come "assunte nella consapevolezza" dei cittadini che intendono attivarsi dialetticamente (in un contesto democratico), è rappresentata da una analisi del capitalismo, nella qualità, nelle manifestazioni ma, in particolare, nella applicazione che ne danno soggetti umani di differente orientamento caratteriale.
Chi intende affrontare i problemi economici, sociali su scala generale, sociali rivolti al particolare ecc. non è in grado di darsi soddisfazione se non conosce il capitalismo nei suoi paradigmi essenziali e fondanti.
Si tratta di una forma di costruzione della società nella quale viene dato, da pochi, e accettato, da molti, un modello che presuppone un "capitale" posseduto in esclusiva da uno dei pochi che, così si dice, genererebbe vantaggi diffusi per i "molti" che, senza ragione logica, finiscono per approvare e assogettarsi.
E' una tesi impostata dai pochi e accettata da quei "molti" che, per costruzione ideologica, negano tutto ciò che possa essere considerato "spirituale", essendo essi dediti all'adorazione "totemica" del materialismo volgare.
Quindi si può affermare, sintetizzando, che:
1) Un giorno, nella storia dell'umanità, qualche essere umano si accorse di essere in grado di sostituire i valori primordiali di primato attribuiti alla forza e all'istinto ad un primato attribuito all' intelligenza e alla sensibilità.
2) Apparvero uomini dotati di orientamento caratteriale "produttivo" che ritennero di "capitalizzare" beni diversi per sfruttarne le possibilità a vantaggio di presumibili "interessi diffusi"; alcuni di costoro, in effetti, poterono risolvere alcune questioni - avevano sensibilità !
3) Si fecero però avanti altri soggetti dotati di orientamento caratteriale "ricettivo" - numericamente più rilevanti - e che esprimevano forti deformazioni verso l'egoismo individuale, e nacque il falso capitalismo che, oggi, viene detto speculativo. Questi soggetti, ma anche una buona parte dei primi - indicati al punto 2 - erano fortemente alienati e cercavano, dunque, una disperata autorealizzazione; in realtà il capitalista pone al di fuori di sé la realizzazione di se stesso, esattamente come il feudatario di ieri, lo schiavista o il credente. Ognuno guarda al di fuori di sé per riuscire ad essere se stesso: schiavi, capitali, terre, dio... Mentre l'unica cosa che davvero conta è già interna a ogni essere umano e si tratta soltanto di farla sviluppare: la coscienza.
In realtà la vera ricchezza di una persona sta nei suoi sentimenti, nel modo come li esprime, sta nelle sue idee di giustizia, di onestà, sta nella sua capacità di riconoscere la verità delle cose. Questa forma di ricchezza non è facilmente indicizzabile o rappresentabile in un'opera scientifica, meno che mai con gli strumenti del capitale: spesso viene considerata dalla politica come un elemento opzionale e, come tale, di scarsa rilevanza produttiva.
4) Il medesimo sistema capitalistico che produsse lo scempio dell' "umana" umanità introducendo lo "schiavismo operaistico", produsse altresì il suo "contrastante": il sindacato e la visione ideologica falsamente detta comunista.
5) Diviene naturale comprendere come il vero capitale (eticamente finalizzato), socialmente utile in certi casi, resti distaccato ed assente dalle posizioni sindacali che considera false e ipocrite; per contro il "finto capitalismo", di impianto speculativo, trovi sponda nelle manovre del materialismo volgare espresso dai sindacati, dichiaratamente privo di sensibilità.
6) Si fa quindi strada la peggiore di tutte le forme di capitalismo conosciute, rappresentato dal sistema ultra/alienante espresso da Cl, dalla Compagnia delle Opere, dai Memores Domini, dall'Opus Dei e dalle congreghette locali discendenti...........al peggio non vi è mai fine!
Il titolo dell'articolo tratta però della truffa dell'acqua e quindi, introdotta la visione corretta del capitalismo, introduciamo il metodo di valutazione necessario a comprendere il problema del ciclo soggetto al profitto capitalistico.
L’acqua (H2O) non esiste in natura; essendo un potentissimo solvente la troviamo sempre impoverita dalla presenza di sostanze industriali, le più diverse, che talvolta la rendono pericolosa.
Diviene quindi illogico parlare del “ciclo delle acque”; noi adopereremo la più adeguata definizione di: “ciclo dei veleni” per indicare la disperata azione degli enti che tentano – (T E N T A N O !!! ) – di ridurre i danni dell’industrializzazione inutile e distruttiva. Nessuno è in grado di conoscere le combinazioni velenose che l’uomo disperde nell’ambiente e quindi nessuno può combatterle adeguatamente. Spesso l'uomo, per combattere ciò che crede di avere individuato come elemento nocivo, egli causa un ulteriore e peggiore danno ambientale “forse” in modo scientificamente colposo………
L'acqua viene da tempo trattata con temi preoccupanti, generatori di ansia, cosicchè la popolazione ne "debba avvertire" la probabile mancanza prossima futura e, temendone le conseguenze, sia disposta a tutto.
I mezzi di stampa pubblicano "veline", girate da organi di governo e sottogoverno, nelle quali si annunciano catastrofiche previsioni, si avanzano vocaboli quali: siccità, desertificazione, morte!
Questo modo di agire consente di poter convincere con facilità la popolazione che qualsiasi sacrificio deve essere accettato per poter porre rimedio, almeno parziale, alla "drammaticità" della situazione.
Per poter evitare le fughe solitarie di qualche amministratore pubblico dotato di intelligenza, sensibilità e coscienza, si sono creati gli ATO (Associazioni di Terrorismo Organizzato?) dentro i quali si mischiano con estrema superficialità competenze (?) con presenze onorifiche e raccomandatizie e si trattano problemi di importanza strategica con le capacità di decidere vincolata alla presenza di "risorse" ovvero danari!!!!

Considerando l’atto del suo utilizzo, fin dalle origini della specie animale/umana, l’acqua presenta le caratteristiche di un bene privato (rivalità, escludibilità, lotta). Si tratta, tuttavia, di un bene privato destinato a soddisfare un bisogno primario e caratterizzato da rilevanti esternalità. Tali elementi ne precludono la commercializzazione in un esclusivo regime di libero mercato.
La presenza di un monopolio naturale e la natura del bene generano, quindi, un interesse pubblico nella fornitura. La scelta dell’assetto del settore si presenta assai complessa dovendo rispondere a tre obiettivi: l’efficienza economica della fornitura di acqua potabile, al fine di ridurne l’onere complessivo; il perseguimento di finalità sociali nell’accesso alla risorsa, che includono universalità nell’accesso e sussidi per le fasce più povere della popolazione; la sostenibilità attuale e futura, con il fine di preservare l’equilibrio del territorio e la riproducibilità della risorsa. Le soluzioni adottate sono sostanzialmente riconducibili a due alternative: l’impresa pubblica o quella privata regolata.

In questo secondo caso l’azione del regolatore, finalizzata a realizzare un sistema di incentivi coerente con gli elementi di interesse pubblico, si avvale di meccanismi di tipo competitivo che, pur in presenza di una situazione di monopolio naturale, possano contribuire a migliorare l’efficienza produttiva: da un lato può ricorrere a forme di concorrenza per il mercato, basate sulla selezione ex ante del soggetto ritenuto più efficiente al quale affidare il servizio in un ambito territoriale delimitato; dall’altro possono essere implementati confronti tra operatori diversi che promuovono lo spostamento verso la frontiera dell’efficienza produttiva.
Appare quindi di tutta evidenza che l'unica e duratura ragione di "regolazione" del regolatore (ente pubblico) sia quella del profitto monetario: fare danaro.
Ma l'acqua non era forse un bene primario e quindi non alienabile ?
Si evidenzia quindi che quando il controllore/regolatore pubblico è un amministratore, o un gruppo di essi (ATO), deformato patologicamente dalle forme espresse al punto (3) soprariportato, la deviazione verso l'egoismo individuale compromette pericolosamente tutta la gestione del ciclo dei "veleni".
La popolazione, ricondotta verso una solida partecipazione politica, deve ri/appropriarsi del suo bene primario contrastando ogni forma di deviazione/deformazione del comportamento.
Il caso del Tigullio:
L'insieme dei comuni del Tigullio, costa ed entroterra, disperdono in mare "sostanza liquida", che impropriamente viene definita "depurata", per una quantità equivalente a 250 milioni di litri al giorno!
I comuni del Tigullio sono tutti privi di depuratore e alcuni, i più grandi, non hanno neppure il sito ove poterli costruire.
Il presidente di Regione Liguria, Claudio Burlando, alla domanda rivoltagli in qualità di "ingegnere" se fosse meglio avere un unico depuratore comprensoriale per l'intero Tigullio in Fontanabuona anzichè diversi depuratori sparsi sulla costa, rispondeva, da ingegnere, che era di certo molto meglio avere un solo impianto in Fontanabuona.
Il Presidente della Provincia di Genova, Repetto, alla domada rivoltagli in qualità di "ex banchiere" se fosse meglio e più economico avere un unico ecc.ecc. rispondeva che era certamente più logico averne uno solo in Fontanabuona.
Quel depuratore in Fontanabuona risolverebbe tre fondamentali problemi.
1) Il turismo ligure sarebbe accreditabile di "purezza delle acque", non avendo alcun sversamento in mare.
2) La Fontanabuona avrebbe una industria che renderebbe ricchezza diffusa per l'enorme massa di derivati energetici.
3)I cittadini del comprensorio avrebbero vantaggi economici assai rilevanti.
Allora perchè non si attua il progetto ?
Perchè IRIDE, che detta l'agenda dei lavori, è nettamente contraria.
Dunque, che sia la popolazione ad esprimersi....................con un referendum ?
Certo !

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