ESPOSTO
-CHELLA Mario, nella qualità di sindaco
-LAVARELLO Andrea, nella qualità di sindaco
-ZONFRILLO Maria Vittoria, nella qualità di assessore
-STAGNARO Felice Dante, nella qualità di assessore
-LATIRO Francesco, nella qualità di assessore
-DI LORENZO Luigi, nella qualità di assessore
-FONTANELLA Paola Dirigente ambito di controllo Provincia di Genova
-GIAMPAOLO Paolo Referente Provincia di Genova, Ufficio Segreteria Tecnica ATO
-BENEDETTI Roberto Presidente ed Amministratore unico MUVITA
-CORRADI Alberto Pres. della Commissione Speciale Rifiuti della Provincia di Genova.
i primi sei in qualità di sindaci e assessori del Comune di Sestri Levante, gli altri appartenenti ad organismi di verifica e controllo sovraordinati, tutti competenti per materia, ritenuti responsabili del danno erariale cagionato al comune medesimo e ad altri enti sovraordinati, per il mancato raggiungimento, in relazione agli anni 2003-2010, delle percentuali di raccolta differenziata fissate dalla legislazione applicabile ratione temporis; ritenuti altresì responsabili per il danno alla reputazione del comune per il ripristino dell’immagine turistica, commerciale, ambientale e sociale della comunità, lesa a livello locale e con risonanza oltrecomunale rilevabile dalla comparsa di elementi di indicazione valutativa/tabellare/comparativa riportati da diversi organi di stampa, oltre che da tutti i siti istituzionali di libero accesso.
Occorre preliminarmente osservare come il comune di Sestri Levante indichi che l'organizzazione della raccolta differenziata fa capo alla Comunità Montana Val Petronio e come tale organizzazione preveda l'uso del cd. Ecocentro che fu oggetto di denuncia presentata in Genova, 19 agosto 2010 dalla scrivente associazione, ORAS, al NICAF della Guardia Forestale e ad altri soggetti istituzionalmente delegati al controllo e come da tale denuncia fecero seguito atti amministrativi e penali a conferma della bontà dei dati esposti; alla luce di quanto appena accennato la posizione del comune oggetto dell'esposto appare destinataria di una particolare attenzione.
TESTO DELLA DENUNCIA PRESENTATA AL NICAF ED ALTRI:
La scrivente associazione, ricevuta una segnalazione da alcuni abitanti della vallata sottostante l'impianto in oggetto, procedeva alla verifica delle seguenti segnalazioni:
1) L'ecocentro di cui trattasi era precedentemente gestito dalla società Manutencoop.
2) Tale società cedeva al gruppo Aimeri/Biancamano/Pizzimbone l'intera attività sviluppata nel Tigullio.
3) Dall'avvento di tale nuova proprietà i residenti in prossimità dell'impianto e dell'area circostante rilevavano forti problemi.
4) Traffico fuori orario, mezzi provenienti da altre sedi, incidenti sul percorso dovuto alla scadente qualità dei veicoli, perdite continue di percolati sul percorso con evidente pericolo di aderenza per le auto, trasformazione dell'impianto in area di sosta e sversamento di percolati da mezzi e/o cassoni scarrabili, evidente inquinamento degli scarichi afferenti al rio contiguo e poi al Petronio verso l'abitato di Sestri Levante, ecc.
5) La visita sul posto, nella giornata di domenica, consentiva di accertare quanto asserito e di scattare le foto qui in allegato.
6) Nella giornata di lunedì veniva preso contatto con alcuni dipendenti dell'azienda che segnalavano ulteriori gravi problemi riguardanti le condizioni di lavoro su un'area estremamente inquinata e malsana, perennemente fangosa da percolamento; condizioni di regolarizzazione dei contratti inesistente; lamentele presso la direzione concluse con "ironia e ilarità" e l'invito a denunciare ai sindacati, seguito dalla battuta.: <>
7) I dipendenti segnalavano anche la inesistente manutenzione dei veicoli e la mancanza di certificazione di revisione su alcuni .
8) Gli stessi segnalavano anche come, in attesa di essere poi conferiti a Scarpino (GE), venissero colà posteggiati automezzi carichi provenienti da località non conosciute.
Tanto i cittadini di cui al contatto iniziale, quanto i dipendenti, evidenziavano il loro timore di ritorsioni da parte dell'impresa Pizzimbone che, così riferiscono, appare "ben inserita" presso gli organismi di verifica e controllo.
Per quanto sopra esposto, siamo a richiedere un intervento di accertamento e verifica di quanto segnalato e dalla scrivente associazione analizzato e documentato.
Grazie
Nello specifico esame dell'attività della raccolta differenziata del comune di Sestri Levante emergono:
-”una percentuale di raccolta differenziata estremamente bassa per le specificità territoriali che presentano una “IMPRONTA ECOLOGICA” (vedi al paragrafo successivo) particolarmente dannosa per il sistema ambientale”
-”il danno differenziale conseguente al mancato raggiungimento delle percentuali di legge”
-”l'inesistenza di un qualsivoglia progetto di avvicinamento ai valori stabiliti dalle norme, dimostrato dall'inefficienza del meccanismo di raccolta differenziata che dipenderebbe dalle carenze strategiche, pianificatorie, programmatiche e progettuali emergenti dal modello di raccolta e riciclo dei rifiuti implementato dal Comune di Sestri Levante in persona dei vertici politico-amministrativi.”
-“i mancati introiti a titolo di corrispettivo per la vendita di materiale raccolto in maniera differenziata (lucro cessante), comparando il reddito minimo potenzialmente realizzabile in base alla legge, con gli introiti effettivamente incamerati per il conferimento presso i consorzi di filiera (per tramite del consorzio di bacino) del materiale raccolto in maniera differenziata, rispetto frazioni merceologiche da raccogliere”
-“la maggiore spesa per conferimento agli impianti di raccolta definitiva del materiale non differenziato”
-“il maggior onere per abitante conseguente alla azione oggetto del presente esposto”
-”la deturpazione del paesaggio derivata da discariche abusive con dispersione in aree boscate e prive di controllo”
-”la deturpazione del paesaggio urbano derivato dalla dispersione diffusa in prossimità di aree destinate alla raccolta del R.U. indifferenziato”
-”la evidente e rilevante presenza sul territorio comunale di esercizi produttori di elevatissima quantità di umido (ristoranti e simili) che grava per oltre il 35% sul dato complessivo comunale, mai indirizzati verso il compostaggio centralizzato”
L'impronta ecologica
Uno degli aspetti più preoccupanti del nostro modo di vita attuale è illustrato dal concetto di impronta ecologica, un indice espresso in ettari di territorio, elaborato da William Rees e Mathis Wackernagel, che cerca di quantificare l’impatto sulla biosfera di una comunità (città, nazione, fino all’intera umanità), espresso in termini di superficie pro capite di area biologicamente produttiva necessaria a fornire tutta l’energia, l’acqua e le materie prime consumate e per assorbire tutti gli scarti prodotti dalle attività umane, intesi sia come rifiuti, sia come anidride carbonica derivante dall’uso di combustibili fossili.
È un indice che si evolve nel tempo a seconda degli stili di consumo delle varie società e delle nazioni ed indica quindi la rilevante responsabilità delle amministrazioni a seguito delle linee di indirizzo su cui basa l'attività degli enti.
Gli ultimi dati disponibili sono quelli relativi all’anno 2003, pubblicati nel “Living Planet Report 2006” curato da WWF Internazionale, Istituto di Zoologia di Londra e Global Footprint Network.
L’Impronta Ecologica va confrontata con la Biocapacità Terrestre, misurata sempre in ettari, che indica la effettiva disponibilità di ecosistemi terrestri produttivi (terreni agricoli, pascoli, foreste, aree di pesca) occorrente a soddisfare le necessità umane.
Il consumo di acqua dolce non è incluso nel calcolo dell’Impronta Ecologica in quanto la richiesta e l’uso di questa risorsa non può essere espresso in termini di ettari globali di impatto.
In realtà è possibile associare agli oggetti anche altri contenuti di energia: quella che è stata utilizzata per l’estrazione delle materie prime, per il trasporto, la lavorazione, ecc.
Si tratta di una quantità di energia superiore al potere calorifico.
Dunque il concetto di uso razionale dell’energia può essere esteso anche al sistema di gestione dei rifiuti, valutando il risparmio energetico conseguente al modello di gestione dei rifiuti scelto dalle singole amministrazioni.
Appare evidente l’ordine di grandezza del risparmio energetico associato alla non produzione di rifiuto (100%) e al riutilizzo (~85%), da cui sorge la naturale scelta che un'amministrazione deve imporsi ed imporre al fine di dedicare ampio spazio alla Prevenzione e Riduzione dei Rifiuti Urbani, secondo le linee guida indicate nel paragrafo successivo, in accordo con le indicazioni normative richiamate in seguito.
Le prescrizioni di ambito locale
Dal sito della provincia all'indirizzo:
http://www.provincia.genova.it/portal/template/viewTemplate?templateId=tixdmg8zr2_layout_14t3vw8ztc.psml
Dal medesimo sito, alla pagina:
http://www.provincia.genova.it/portal/template/viewTemplate?templateId=uj4iyx9b41_layout_c5aok89b69.psml si ricava:
La Provincia partecipa nell'ambito delle procedure definite dalla D.G.R. n. 1487 del 7 dicembre 2007 al processo di raccolta ed accertamento dei risultati annuali di raccolta differenziata raggiunta nei Comuni della Provincia.
Risulterebbe, infine, che la Provincia di Genova ha istituito e gestisce, tramite la società controllata Muvita s.r.l., l’Osservatorio Provinciale dei Rifiuti.
Ancora dal medesimo sito, viene rilasciata la tabella che indica i dati riferibili ai dati di raccolta raggiunti nell'anno 2007:
Sestri Levante, ab. 18.687, percentuale differenziata 25,38 %
Il riferimento normativo generale
La Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 22-11-2008 ribadisce al suo art. 4 “La gerarchia dei rifiuti” e definisce che tale “gerarchia si applichi quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:
la Direttiva prevede che la commissione europea presenti al parlamento europeo delle relazioni corredate da misure a sostegno della prevenzione ed in particolare:
a) “entro la fine del 2011, una relazione intermedia sull’evoluzione della produzione rifiuti e l’ambito di applicazione della prevenzione dei rifiuti che comprenda la definizione di una politica per una progettazione ecologica dei prodotti che riduca al contempo la produzione di rifiuti e la presenza di sostanze nocive in essi (…).
b) entro la fine del 2011, la formulazione di un piano d’azione per ulteriori misure di sostegno a livello europeo volte in particolare, a modificare gli attuali modelli di consumo;
c) entro la fine del 2014 la definizione di obiettivi in materia di prevenzione dei rifiuti e di dissociazione per il 2020, basati sulle migliori prassi disponibili (…)”
L’articolo 29 ha per titolo “Programmi di prevenzione dei rifiuti” e prescrive che gli stati membri adottino dei programmi di prevenzione dei rifiuti entro il 12 dicembre 2013 e che tali piani identifichino chiaramente le misure di prevenzione dei rifiuti. Tali piani devono infatti fissare gli obiettivi e a tal fine la direttiva fornisce in allegato uno schema che possa essere di esempio. Nella direttiva viene chiarito che “Lo scopo di tali obiettivi e misure è di dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti.”
Nell’articolo 29 al comma 5 la Direttiva stabilisce che “La commissione crea un sistema per lo scambio di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti ed elabora orientamenti per assistere gli Stati membri nella preparazione dei programmi.”
Le precedenti direttive.
Nelle precedenti direttive gli orientamenti erano analoghi, però la definizione di “prevenzione” non era molto precisa, se non per quanto riguarda gli imballaggi (ai sensi della Direttiva europea 1994/62 recepita prima dal Dlgs 22/97 e poi dal Dlgs 152/061).
Nelle direttive precedenti venivano definite le priorità e gli obiettivi della politica ambientale europea fino al 2050 descrivendo in modo particolareggiato i provvedimenti da adottare per contribuire alla realizzazione della strategia europea in materia di sviluppo sostenibile.
Il ruolo della Unione Europea è quindi quello di contribuire alla prevenzione dei rifiuti e di promuovere il riciclaggio informando i consumatori, sostenendo la ricerca e lo sviluppo tecnologico di nuovi materiali a tutela dell'ambiente e di promuovere i mezzi per fornire prodotti usando meno risorse.
Rilevato quindi:
-che il diritto comunitario (a seguito del Trattato di Lisbona, diritto dell’Unione o europeo) impone agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie “per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente” e “per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti” (art. 4 della direttiva del Consiglio del 18 marzo 1991, n. 91/156/CEE);
-che il servizio di gestione dei rifiuti implica “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni” (art. 1 dir. 91/156/CEE, citata);
-che “gli Stati membri stabiliscono o designano l’autorità o le autorità competenti incaricate di porre in atto le disposizioni della presente direttiva” (art. 6 dir. 91/156/CEE, citata);
-che le “autorità competenti di cui all’art. 6 devono elaborare […] uno o più piani di gestione dei rifiuti, che contemplino […] tipo, quantità e origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire” (art. 7, dir. 91/156/CEE, citata);
-che l’allegato II della direttiva 91/156/CEE, citata, indica le operazioni di recupero che, conformemente all’art. 4, devono svolgersi “senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente”;
Inoltre:
-che il termine di recepimento della direttiva 91/156/CEE, citata, è scaduto il 10 aprile 1993 (art. 2, 91/156/CEE, citata);
-che l’art. 24 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. “decreto Ronchi”), ha imposto ai Comuni (enti titolari dei poteri in materia di raccolta differenziata ai sensi dei precedenti art. 21, comma 2, lett. c), e 23, comma 3, del predetto decreto) di conseguire percentuali minime di raccolta differenziata fissate in percentuali progressivamente crescenti fino a raggiungere quella del 35% a partire dal 2003 (il menzionato art. 24 statuisce che “In ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: 15% entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; 25% entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; 35% a partire dal sesto anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto”);
-che l’art. 205 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha determinato un incremento delle quote percentuali da realizzarsi negli anni successivi (il primo comma prevede che “In ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:
-almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
-almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
-almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012”), percentuali ulteriormente rivisitate dall’art. 1, comma 1108, della legge 27 dicembre 2009, n. 296 (“Al fine di realizzare rilevanti risparmi di spesa ed una più efficace utilizzazione delle risorse finanziarie destinate alla gestione dei rifiuti solidi urbani, la regione, previa diffida, può provvedere tramite un commissario ad acta a garantire il governo della gestione dei rifiuti a livello di ambito territoriale ottimale con riferimento a quegli ambiti territoriali ottimali all'interno dei quali non sia assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime:
-almeno il 40 per cento entro il 31 dicembre 2007;
-almeno il 50 per cento entro il 31 dicembre 2009;
-almeno il 60 per cento entro il 31 dicembre 2011;
- che alle predette disposizioni va riconosciuta un’efficacia precettiva vincolante atteso che:
esse assicurano il principio di prevenzione, precauzione ed azione preventiva, ampiamente riconosciuto in materia ambientale dalla Corte di giustizia pronunciatasi sulla disciplina comunitaria dei rifiuti (inter plures C. giust., 11 novembre 2004, C-457/02, Niselli, secondo la quale “la finalità della direttiva 75/442 […] è la tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti” da attuarsi “anche alla luce dell’art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in particolare sui principi della precauzione e dell’azione preventiva (v., in particolare, sentenza 18 aprile 2002, causa C-9/00, Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, Racc. pag. I-3533; in prosieguo: la «sentenza Palin Granit», punti 22 e 23)”; sui principi di precauzione e prevenzione in materia ambientale, più di recente, C. giust., 9 marzo 2010, C-379/08 e 380/08, Raffinerie mediterranee); si attuano numerose direttive in materia di rifiuti che hanno imposto agli Stati membri di porre in essere tutte le misure idonee ad implementare un’efficace gestione dei rifiuti tesa essenzialmente alla protezione della salute umana e dell’ambiente, favorendo il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero come materie prime per preservare le risorse naturali nonché provvedendo in modo responsabile allo smaltimento ed al recupero dei rifiuti (dir. 75/442/CEE, come modificata ed integrata dalle dir. 91/156/CEE, dir. 91/692/CEE, dir. 96/350/CEE, poi consolidate nella direttiva 5 aprile 2006, n. 12/2006/CE, la quale ha ribadito nuovamente gli obblighi europei di procedere al “recupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere materie prime secondarie” art. 3, par. 1, lett. b), nonché ad “assicurare che i rifiuti siano recuperati senza pericolo”, art. 4); la Corte di giustizia, pronunciandosi all’esito di una procedura di infrazione (C. giust., sent. 4 marzo 2010, C-297/08, Commissione c. Italia), ha già riconosciuto che l’Italia è venuta meno agli obblighi di diritto comunitario su di essa incombenti, nella parte in cui non ha adottato, “misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente” (così il dispositivo di condanna), inadempimento che è stato determinato anche dal basso livello di raccolta differenziata; come riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, compete allo Stato, anche all’indomani della riforma del Titolo V della Costituzione, fissare un livello di tutela ambientale uniforme a livello nazionale ed inderogabile da parte delle Autonomie (“La disciplina statale dei rifiuti, collocandosi nell’ambito della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” – di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. – costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino (sentenze n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007). Resta, peraltro, ferma la competenza delle Regioni per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali: infatti, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell’ambiente, vengono in rilievo altre materie, per cui la competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire, ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (da ultimo, sentenza n. 249 del 2009)”, C. cost., 4 dicembre 2009, n. 314, punto 2.2.); la normativa interna deve essere interpretata alla luce del diritto comunitario al fine di assicurare il c.d. “effetto utile” (C. giust., 5 febbraio 1963, C-26/62, Van Gend en Loos); in proposito non può omettersi di rilevare che il diritto dell’Unione derivato impone l’obbligo in capo agli Stati di implementare sistemi di raccolta con recupero di quelli riciclabili, senza contemplare né autorizzare sistemi, quale quello nazionale, fondati su quote progressive di avvicinamento alla piena misura dei rifiuti prodotti sul territorio, di tal che, non può non ritenersi che almeno le quote percentuali fissate dal legislatore nazionale abbiano un valore immediatamente precettivo, sia a tutela dell’ambiente e della salute pubblica (sulla strumentalità del sistema di raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti alla salvaguardia di tali interessi C. giust., sent. 4 marzo 2010, C-297/08, Commissione c. Italia), sia a tutela dei cittadini contribuenti (si consideri che il comma 3 dell’art. 205 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dopo aver fissato al comma 1 le quote percentuali di raccolta differenziata annuale, introduce un’addizionale a carico delle comunità locali comunali alle quali sia imputabile il discostamento: “Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'Autorità d'ambito, istituito dall'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni”); che i poteri di ordinanza del commissario straordinario (eventualmente incaricato) non possono determinare un livello di tutela dei predetti interessi inferiore rispetto alla normativa interna attuativa del diritto comunitario, legittimando livelli percentuali di raccolta differenziata più bassi di quelli sanciti dalla disciplina nazionale (tale interpretazione si profilerebbe in stridente contrasto con gli obiettivi e gli scopi che presiedono all’istituzione, all’esercizio dei poteri ed all’utilizzo delle risorse commissariali e, soprattutto, con il diritto comunitario, di tal che, ogni eventuale previsione che presentasse il descritto contenuto o producesse il richiamato effetto riduttivo dovrebbe essere disapplicata).
Conclusione dell'esposto
Per quanto alla narrazione che precede diviene necessario acquisire
- informazioni e dati ufficiali relative alla raccolta differenziata effettuata nel territorio del comune di Sestri Levante dal 1999 al 2009, informazioni che dovranno avere riguardo sia al dato globale della predetta raccolta, sia a quello specifico riferito al segmento della frazione umida rappresentante una quota dominante.
- informazioni e dati ufficiali in merito alla redditività della raccolta delle differenti frazioni, nonché una stima delle ragionevoli e probabili entrate derivanti dalla predetta raccolta utili al calcolo definitivo del danno.
- tutti gli atti istruttori, preliminari e deliberativi della giunta e del consiglio del Comune di Sestri Levante, tesi alla organizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti (con specifico riguardo a quella della frazione umida) intervenuto attraverso le diverse imprese delegate al servizio, con specifico riguardo a quelli contemplanti gli obblighi delle medesime di raggiungere le quote percentuali di raccolta differenziata previste dalla legge.
Considerando poi
- che, l’art. 206-bis, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, istituisce l’Osservatorio nazionale sui rifiuti presso il Ministero dell’ambiente e la tutela del territorio e del mare, munito di funzioni informative, di coordinamento e di vigilanza anche in materia di raccolta differenziate, riciclo e smaltimento dei rifiuti;
- che, essendo venuto meno il c.d. “potere sindacatorio”, spetta alla Procura valutare se estendere l’azione di danno erariale, esperita nei confronti degli organi titolari di competenze di iniziativa, impulso e proposta, anche al Consiglio comunale e quindi ai consiglieri tutti, in ragione dei poteri decisionali finali di quest’organo sull’organizzazione dei pubblici servizi locali ex art. 42 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (la materia era già stata disciplinata dall’art. 32, lett. a) ed f), legge 8 giugno 1990, n. 142, il quale, per quanto qui interessa, affidava al consiglio la competenza sulla costituzione delle aziende speciali ivi compresa quella di approvare i relativi statuti), ferma restando la libertà di giudizio definitivo della Corte adita sul significato da riconoscere all’attività commissiva o omissiva del Consiglio.
Visto ancora:
- l’art. 14 r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, in base al quale la Corte dei conti può richiedere all’amministrazione e ordinare alle parti di produrre gli atti e documenti che crede necessari per la decisione della controversia, fissando il termine entro il quale gli adempimenti istruttori devono essere espletati;
- l’art. 16, comma 3, d.l. 13 maggio 1991, n. 152 , conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203, a tenore del quale “La Corte dei Conti nell'esercizio delle sue attribuzioni può disporre, anche a mezzo della Guardia di Finanza, ispezioni ed accertamenti diretti presso le pubbliche amministrazioni ed i terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie a destinazione vincolata”;
- l’art. 2, comma 4, d.l. 15 novembre 1993, n. 453, conv. in legge 14 gennaio 1994, n. 19, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, secondo il quale “la Corte dei conti, per l'esercizio delle sue attribuzioni, può altresì delegare adempimenti istruttori a funzionari delle pubbliche amministrazioni e avvalersi di consulenti tecnici, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 73 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271”;
L'associazione esponente, richiede alla Procura destinataria del presente esposto l'avvio di una procedura atta a definire il danno erariale che si appalesa essere di consistente valore, (stante un elevatissimo differenziale) e con l'evidente prosecuzione di tale danno, negli anni a seguire, per la già citata mancanza di attività volta a implementare un’efficace gestione dei rifiuti tesa essenzialmente alla protezione della salute umana e dell’ambiente, favorendo il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero come materie prime per preservare le risorse naturali, come disposto dalle norme, accertando:
-se negli anni citati l'amministrazione comunale abbia imposto alle diverse società incaricate un obbligo chiaro, specifico e puntuale in ordine al raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata previste dalla legge;
-se alle medesime società sia stato indicato un particolare percorso attuativo specificatamente rivolto alla consistente frazione umida;
-se siano stati redatti i provvedimenti di organizzazione del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti (tra cui gli atti istruttori, preliminari e deliberativi di costituzione ed affidamento alle società incaricate, con specifico riguardo a quelli contemplanti le modalità tecnico-giuridiche (clausole del contratto di servizio, ordini amministrativi o di servizio, altri atti analoghi, etc.) con cui è stato imposto, alla struttura amministrativa comunale l’obbligo di raggiungere le quote percentuali di raccolta differenziata sancite dalla legge.
ORAS
f.to il coordinatore